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Cancellare notizie da internet, alcuni provvedimenti del Garante

Cancellare notizie da internet, alcuni provvedimenti del Garante

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Cancellare notizie da Internet rappresenta un aspetto cruciale nell’ambito legale della privacy online. In conformità con il diritto all’oblio, gli individui possono richiedere la rimozione di informazioni ritenute obsolete o dannose. Questo processo, spesso mediato attraverso il Garante Privacy, coinvolge un’attenta valutazione delle richieste, bilanciando la necessità di proteggere la sfera personale con la libertà di informazione pubblica. Il delinearsi di criteri specifici e l’analisi dettagliata di casi, come quelli esaminati dal Garante, evidenziano la complessità e la delicatezza di gestire tali richieste nel contesto legale contemporaneo

Cancellare notizie da Internet, i provvedimenti del Garante Privacy italiano

Nell’articolo di oggi, parleremo di diritto all’oblio Google analizzando alcuni provvedimenti emessi dal Garante Privacy italiano. In questo modo, sarà più facile rispondere ad un questione quanto mai attuale: come si fa cancellare una notizia da Google?

Provvedimento del 24 novembre 2022

Nel provvedimento 24 novembre 2022, un soggetto ha dovuto presentare un reclamo al Garante Privacy dopo aver ricevuto il rifiuto, da parte di Google, di cancellare notizie dal web. In particolare, era stata richiesta la rimozione dal web di alcuni articoli che facevano riferimento al suo arresto, condizione che non corrispondeva più alla situazione attuale, essendo egli libero ed esercitando regolarmente la propria professione.

Inoltre, negli articoli, veniva anche citato il suo nome, in riferimento ad un’altra inchiesta, condizione corrispondente al falso in quanto non aveva mai ricevuto alcun avviso di garanzia. Google ha accolto soltanto parzialmente la richiesta dell’interessato, deindicizzando gli URL da 1 a 3, mentre per i restanti ha dichiarato di non poter aderire alla richiesta.

Infatti, si trattava di informazioni recenti aventi contenuto giornalistico rispetto alle quali non poteva ritenersi venuto meno l’interesse della collettività ad averne conoscenza tenuto conto. Riguardavano vicende giudiziarie riferite a reati gravi connessi all’attività professionale del reclamante. Secondo il Garante Privacy, invece, la vicenda in questione si era conclusa con la condanna del reclamante.

Tuttavia, tale esito non era stato menzionato né nell’articolo oggetto di contestazione, né in ulteriori articoli presenti in rete. Pertanto, le notizie in tal modo reperibili non risultavano aggiornate agli sviluppi successivi, restituendo un quadro fuorviante, che veicolava l’impressione secondo la quale il medesimo fosse ancora sottoposto a misura cautelare . In più, sembrava il procedimento fosse tuttora in corso.

Nel caso in esame, in associazione al nominativo dell’interessato, risultava reperibile in rete solo l’articolo sopra indicato. Questo era fermo alla fase iniziale della vicenda giudiziaria che aveva coinvolto il reclamante. Riportava la notizia dell’intervenuto arresto senza gli aggiornamenti necessari a restituire un quadro rispondente alla posizione giudiziaria attuale del medesimo. Per questo, il reclamo è stato ritenuto fondato.

Provvedimento del 13 aprile 2023

La vicenda del provvedimento 13 aprile 2023 emesso dal Garante nasce in data 11 novembre 2021, quando un cittadino si è visto rifiutare la sua richiesta di rimozione di informazioni personali da internet, da parte del motore di ricerca Google. In particolare, l’interessato aveva chiesto la cancellazione di 99 URL da ricerca Google, in associazione al proprio nominativo e riguardanti la notizia del suo arresto nell’ottobre del 2019, quale misura cautelare disposta nel contesto di un’indagine riguardante presunti atti corruttivi coinvolgenti magistrati tributari.

Secondo il reclamante, gli articoli non erano stati aggiornati con gli sviluppi che aveva avuto l’iter giudiziario. Gli utenti della rete, navigando su Google, avrebbero potuto erroneamente pensare che fosse ancora sottoposto a misura cautelare. In una nota, il motore di ricerca, invece, ha dichiarato quanto segue:

  • 4 dei 99 URL erano duplicati; pertanto, la richiesta di rimozione è relativa a 95 URL;
  • gli URL indicati dal n. 1 al n. 23 non potevano essere deindicizzati, in quanto non associati al nominativo del reclamante;
  • per i restanti URL, non era stato possibile accogliere la richiesta di rimozione. Infatti, si trattava di articoli di recente pubblicazione (2019), elemento questo che, unitamente alla gravità del reato ascrittogli, induceva a ritenere sussistente un interesse generale alla reperibilità della notizia. Gli URL infatti riportavano informazioni relative ad un procedimento penale ancora in corso.

Il Garante Privacy, analizzando la documentazione ed i relativi sviluppi della vicenda, ha constatato che non poteva essere venuto meno l’interesse pubblico alla conoscibilità della vicenda, sia per un discorso legato al fattore temporale, che in merito all’attuale carica pubblica ricoperta dall’interessato. Per queste motivazioni, il reclamo è stato ritenuto infondato.

Provvedimento del 29 ottobre 2020

Il provvedimento 29 ottobre 2020 emesso dal Garante Privacy, riguarda una richiesta di rimozione di alcuni URL, presentata da un cittadino. Questi erano collegati a contenuti afferenti ad una vicenda giudiziaria nella quale l’interessato era stato coinvolto, ma trovandosi in un altro Paese. La situazione lo vedeva accusato di molestie sessuali da alcune donne ed in relazione alle quali era intervenuta una sentenza di patteggiamento “a seguito di assunzione di colpa” da parte sua.

Secondo il cittadino, i fatti di cronaca narrati negli articoli erano datati nel tempo, avvenuti in un altro continente e la pena inflitta era stata interamente scontata. Il Garante ha ritenuto il reclamo infondato in quanto si trattava di un reato grave, motivo per cui doveva ritenersi sussistente l’interesse pubblico.

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