In data 20 ottobre 2020, il Garante della Privacy si pronunciava con riguardo al reclamo presentato da un soggetto, il quale richiedeva di ordinare alla società Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di alcuni URL collegati a contenuti riguardanti notizie di gossip con riferimento alla propria vita personale, nonché la sua partecipazione ad un concorso di bellezza di rilievo nazionale risalente a più di dieci anni prima.
Fatti oggetto del reclamo
La vicenda si riferiva ad una donna, la quale rivendicava il proprio diritto a non essere più reperibile in rete. L’interessata, infatti, al fine di vantare il proprio diritto all’oblio, chiedeva all’Autorità che il noto motore di ricerca potesse non associare il proprio nominativo ad informazioni oramai risalanti nel tempo e rispetto alle quali non reputava più sussistente alcun interesse pubblico attuale ad averne conoscenza.
Adito il Garante, veniva chiesto al titolare del trattamento di fornire osservazione in ordine a quanto asserito dalla reclamante e di comunicare l’intenzione di aderire o meno a quanto avanzato dalla donna.
Tuttavia, Google LLC osservava di poter soddisfare solo parzialmente quanto era oggetto del reclamo. In particolare, la società dichiarava di aver provveduto a disporre il blocco degli URL relativi alle versioni europee dei risultati di ricerca per “le query correlate al nome del[la] reclamante”, ma con riferimento ad ulteriori URL sosteneva di non aver individuato presupposti necessari per l’esercizio del diritto all’oblio, , trattandosi di articoli e video afferenti la partecipazione dell’interessata ad un concorso di bellezza di rilievo nazionale, informazioni queste ultime che sarebbero collegate all’attuale ruolo ricoperto dall’interessata in qualità di modella professionista.
La decisione dell’Autorità
Il Garante, una volta riconosciuta la propria competenza, riteneva sussistenti i presupposti perché potesse essere esercitato il diritto all’oblio. Invero, ai fini della rimozione degli URL contestati, occorre tenere conto non solo dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, ma, altresì, dei criteri individuati espressamente dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12).
Dunque, in considerazione del lungo intervallo di tempo (la partecipazione dell’interessata ad un concorso di bellezza di rilievo nazionale avveniva nel 2008), l’Autorità reputava legittima l’opposizione al trattamento di tali informazioni in associazione a ricerche condotte tramite il nome dell’interessata, tenuto conto del fatto che, trattandosi di un evento ormai lontano e non più rappresentativo dell’attuale dimensione della medesima.
Peraltro, l’opposizione di Google LLC non risultava essere stata bilanciata nel corso del procedimento, da motivi legittimi e cogenti, prevalenti sui diritti della reclamante e tali da giustificare una prosecuzione del trattamento come richiesto dall’art. 21, par. 1, del Regolamento.
Tanto premesso, dunque, l’organo adito intimava, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, alla società di rimuovere i contenuti contestati quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessata, nel termine di venti giorni dalla ricezione del provvedimento.