Sempre più all’ordine del giorno è la tematica della rimozione delle notizie da Google, soprattutto laddove le informazioni siano personali e violino la privacy degli utenti.
In queste controversie, in cui occorre bilanciare il diritto all’oblio del singolo e il diritto all’informazione della pluralità, viene spesso coinvolto il Garante della Privacy, deputato alla sicurezza dei dati personali così come prescritto dal GDPR.
Interessante in tal senso è il provvedimento del 21 aprile 2021 emesso dall’Autorità Garante Privacy per l’accoglimento di un ricorso di diritto all’oblio.
I fatti oggetto della decisione
Un soggetto presentava reclamo al Garante ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 10 giugno 2020 nei confronti di Google LLC, richiedendo la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome, di 60 Url facenti riferimento a una indagine giudiziaria su farmaci e tangenti che aveva portato alla misura cautelare dell’arresto, il 3 ottobre 2018, del reclamante, ordinario di Ematologia in Università e direttore della struttura complessa di Ematologia e Centro trapianti Midollo Osseo di un’Azienda Ospedaliera-Universitaria.
In particolare, il reclamante sosteneva che nel 2018 è stato travolto da una indagine giudiziaria che aveva portato alla misura cautelare dell’arresto domiciliare, in seguito alla quale si dimetteva dal suo incarico di direttore della struttura complessa di Ematologia e Centro trapianti. Tuttavia, la misura dell’arresto veniva revocata due mesi dopo. Di questa revoca, però, non vi era notizia.
Lamentando, dunque, un grave e costante pregiudizio a suo danno, richiamava la sentenza della Corte EDU nella causa C-136/17 del 24 settembre 2019 (c.d. sentenza “Google 2”), a tenore della quale il sacrificio dei diritti dei soggetti indagati deve essere strettamente necessario rispetto ai dati giudiziari trattati, ed in ogni caso, proporzionato e non eccedente rispetto alle finalità per il quale il trattamento dei dati viene attuato.
Nonostante l’invito del reclamante a Google LLC di rimuovere gli URL contestati, la società procedeva parzialmente, in quanto riteneva che alcuni di questi non potessero essere deindicizzati perché, stando a quanto affermato dalla già richiamata sentenza della Corte di Giustizia, “i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non solo sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse del pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca vertente sul nome di questa persona”, a meno che non venga dimostrato che il trattamento di indicizzazione sia strettamente necessario per appagare il diritto di informazione degli utenti in internet.
La decisione del Garante Privacy
Non può procedersi all’eliminazione di notizie dal web in quanto, rileva l’Autorità, è effettivamente riscontrabile un persistente interesse pubblico relativamente ai contenuti cui essi rinviano, trattandosi di notizie su un provvedimento cautelare adottato meno di tre anni or sono, diffuse da diversi quotidiani anche a livello nazionale, in correlazione ad una serie di reati per i quali le indagini, secondo quanto riscontrato per le vie brevi presso il difensore del reclamante, risultano concluse e che, a corredo delle notizie in questione, non risultano diffuse immagini del reclamante in stato di costrizione, o comunque in atteggiamenti che lo privano della libertà personale o lesive della sua dignità.